ELENA STANCANELLI/La Repubblica/pagina 58/sezione: CULTURA

Un documentario è un esercizio di umiltà. E di amore. Dietro la telecamera immagini qualcuno che ascolta, il più possibile in silenzio. Una curiosità generosa che talvolta scopre storie indimenticabili. Come quella che Daniele Segre racconta nel suo ultimo Lisetta Carmi – Un'anima in cammino (presentato al festival del Cinema di Venezia), ritratto di una donna coraggiosa, libera e quietamente eccentrica. Nata a Genova nel 1924, Lisetta vorrebbe essere un maschio. Come i suoi due fratelli grandi, che adora. Riceve un'educazione impeccabile e decide che non si sposerà mai, per non avere padroni. Nel 1938, a causa delle leggi razziali, è costretta a scappare in Svizzera con la sua famiglia. Scappa a piedi, valicando le Alpi. “Da una parte avevo i due volumi di partiture di Bach”, racconta, “e con l'altra mano trascinavo su mia madre nella montagna”. La musica è la sua grande passione. Sulle sue mani che suonano al pianoforte il preludio del Clavicembalo ben temperato di Bach Segre apre quindi il racconto della sua vita. Una vita meravigliosa, come dice lei stessa. «Mi dissero che somigliavo a Cartier-Bresson», spiega lei con semplicità, «così decisi che sarei diventata una fotografa». Forse lei intende il suo lavoro, maè curioso come Lisetta Carmi somigli anche un po' fisicamente al grande fotografo. Ha una capigliatura di ricci, oggi bianca, e il volto androgino e abbronzato, il naso pronunciato e l' espressione precisa ma ingenua di chi è abituato a star dietro alla macchina. Ad ascoltare. Per diventare una fotografa, «per imparare a scrivere con la fotografia», Lisetta scende per strada e sceglie le storie più piccole, «cose elementari» dice lei. Poi stampa e spedisce i suoi esercizi alle redazioni dei giornali. Fotografa il cimitero monumentale di Staglieno, le scuole di ballo, gli artisti amici (il fratello di Lisetta, Eugenio, è un pittore molto noto) e la gente qualunque. Diventa fotografa di scena al teatro Duse, dove lavorano Quartucci, Scabia Luzzati, Trionfo. Fa un famoso reportage sul porto di Genova, commissionato dalla Cgil. Sono sue forse le più belle fotografie mai scattate ad Ezra Pound. Era l' 11 febbraio 1966 quando il direttore dell' Ansa le chiede di accompagnarlo a Sant' Ambrogio, vicino a Rapallo, perché deve intervistare il poeta. Pound, vecchio e malato, reduce dai tredici anni di reclusione nel manicomio criminale di St. Elisabeths,a Washington, abita una casa poverissima, con cassette della frutta come librerie e un lettuccio spoglio. n documentario è un esercizio di umiltà. E di amore. Dietro la telecamera immagini qualcuno che ascolta, il più possibile in silenzio. Una curiosità generosa che talvolta scopre storie indimenticabili. Come quella che Daniele Segre racconta nel suo ultimo Lisetta Carmi – Un' anima in cammino (presentato al festival del Cinema di Venezia), ritratto di una donna coraggiosa, libera e quietamente eccentrica. Nata a Genova nel 1924, Lisetta vorrebbe essere un maschio. Come i suoi due fratelli grandi, che adora. Riceve un' educazione impeccabile e decide che non si sposerà mai, per non avere padroni. Nel 1938, a causa delle leggi razziali, è costretta a scappare in Svizzera con la sua famiglia. Scappa a piedi, valicando le Alpi. «Da una parte avevo i due volumi di partiture di Bach», racconta, «e con l' altra mano trascinavo su mia madre nella montagna». La musica è la sua grande passione. Sulle sue mani che suonano al pianoforte il preludio del Clavicembalo ben temperato di Bach Segre apre quindi il Quando, dopo molto insistere e bussare, si presenta sulla soglia, Lisetta comincia a scattare. È spettinato, esangue, indossa una vestaglia e ciabatte che nascondono i piedi gonfi. Non parla, sono anni che ha smesso di parlare. Alle sue spalle il buio della stanza sembra risucchiarlo, i suoi occhi sono superbi e Lisetta, con la sua Laika, scatta 21 fotografie in quattro minuti mentre l' intervistatore gli fa domande alle quali il poeta non risponde. Poi ne sceglie 11 che, secondo Umberto Eco, raccontano di Pound più di quanto sia mai stato scritto su di lui. La grande occasione di Lisetta arriva però quando un amico la invita a festeggiare l' ultimo dell' anno a via del Campo, in compagnia dei suoi amici travestiti. Lisetta si innamora di loro e ne conquista la fiducia. Passa cinque anni della sua vita a fotografare la Bella Elena, che prima di fare il travestito faceva il gruista all' Itasider, la Morena, che è la graziosa di Bocca di Rosa di De Andrè, religiosissima e con un enorme seno, La Gitana, che aveva in casa un quadro di De Pisis perché era stata il suo amante. Nel 1972 Sergio Donnabella, «che non era un editore ma un uomo illuminato», decide di farne un libro. Spende dieci milioni, chiama un famoso graficoe gli chiede di usare una carta preziosa. Ma il libro finisce nascosto sotto i banchi, in tutte le librerie. Era scandaloso, spiega Lisetta, persino Musatti, lo psicanalista, non volle presentarlo perché riteneva i trans delle persone «da mettere in ospedale». Molti anni dopo è stata Barbara Alberti, sua amica, a recuperare le copie invendute perché non finissero al macero. Nel 1976 Lisetta Carmi «viene chiamata» da Babaji, ultima incarnazione di uno yogi immortale che vive sull' Himalaya, e fonda per lui l' ashram di Cisternino, dove vive da 40 anni. E dove Daniele Segre la trova e la intervista. –